Commemorazione del 25 aprile

Commemorazione del 25 aprile

Pubblichiamo il discorso del Sindaco Gabriele Zanni durante la celebrazione del 25 aprile a Palazzolo.


Buon giorno a tutte e a tutti. Il mio è come di consueto il saluto e il ringraziamento sentito dell’Amministrazione Comunale a tutti voi che avete accolto l’invito a presenziare e a condividere una delle ricorrenze più significative, forse il momento commemorativo più importante per il nostro Paese.

Il saluto va in particolare alle autorità civili e militari, alle associazioni d’arma e combattentistiche, a tutte le associazioni di volontariato, all’ANPI, nella persona del relatore ufficiale Giulia Rossi, alle ragazze e ai ragazzi delle scuole di Palazzolo, di ogni ordine e grado, (mi fa molto piacere la vostra presenza) ai loro insegnanti, alle dirigenti scolastiche, alle cittadine e ai cittadini. Un saluto riconoscente a Luigi Consolati e un ricordo emozionato consentitemi di dedicarlo a Carlo Cornali, il partigiano “Palma”, che ci ha lasciati e per la prima volta dopo molti anni non è presente fisicamente qui con noi, ma che ovunque sia, credo abbia camminato insieme a noi anche questa mattina.

E’ il sesto anno che mi trovo orgogliosamente e forse indegnamente a parlare pubblicamente, in quella che mi ostino a ritenere la più alta occasione di riflessione attorno ai valori civili che danno ancora un senso profondo allo stare insieme della nostra comunità nazionale e locale. Svolgo questa incombenza e questo onore con difficoltà e con un po’ di pudore. Perché dopo 73 anni si ha la sensazione che sia già stato detto tutto. Che abbia poco senso ricordare fatti, eventi, persone così lontane nel tempo. Che qualcuno ha tentato di ridimensionare. Di svilire. Che anche noi non siamo magari stati in grado di far conoscere in profondità o di attualizzare. O semplicemente di esserne degni. Però anche quando pare ci sia il tentativo di rifuggire nella nostalgia, nel pessimismo, capitano casualità, e almeno è stato così per me, che ti fanno intravedere la via della speranza. Il coraggio di un nuovo impegno.

Sarà forse poco istituzionale o non strettamente attinente alla giornata odierna quanto dirò ora. Ma ieri mi sono imbattuto in un racconto scritto a 4 mani da due giovani ragazze, che trattavano in maniera leggera e al tempo stesso profonda temi quali la diversità di genere, di provenienza, di orientamento sessuale e di disabilità. Ho iniziato la lettura in modo frettoloso, ma quelle parole hanno subito risvegliato la mia attenzione e sono rimasto colpito da alcune frasi. Suonavano così: “Avevo capito che la diversità non rendeva loro delle persone meno rispettabili di me” e ancora “Avevo capito che la diversità non è una cosa negativa: si attenua nel momento stesso in cui si cambia il proprio punto di vista e non esiste se si guarda il mondo con occhi attenti.” Sono rimasto ancor più sorpreso perché quello scritto è stato diffuso via social e ha avuto un effetto positivo. Quasi benefico. Siamo purtroppo più abituati al fatto che quei mezzi siano utilizzati per alimentare quella che qualcuno ha chiamato “la cultura della vergogna”. Giudizi brutali, insulti, superficialità. Libertà di espressione si, ma senza responsabilità nella libertà di esprimersi. E’ fondamentale che ognuno si formi la propria idea su qualsiasi argomento. Ma è altrettanto indispensabile che la si esprima nel rispetto della persona a cui ci si rivolge. Senza alimentare un vezzo per qualcuno gratificante, ma pericoloso, che si traduce nell’umiliazione altrui. Non è disprezzando l’altro, che si può anche solo pensare di sentirci migliori. Ed è in questa forma di riconoscimento reciproco della dignità umana che è in ognuno di noi, che ritrovo l’insegnamento prezioso lasciatoci in eredità dalla Resistenza. E che evidentemente ha lasciato dei germi vitali, che continuano a crescere anche nel racconto appassionato di due ragazze. E’ il prevalere del confronto e del dialogo sulla violenza e l’esclusione. E’ il desiderio di libertà rispetto a ogni sua negazione e prevaricazione, al tempo praticata insensatamente dal regime nazifascista. E’ la custodia dell’esercizio delle libertà fondamentali, che sono di tutti e che non possono essere tali se non vengono vissute assieme alla responsabilità. Significa tener sempre ben presente che nessuna condizione personale (sesso, condizione sociale, fede, orientamento sessuale) deve diventare motivo di discriminazione. E’ il cuore della nostra Costituzione. E’ origine e ragione della nostra convivenza, che deve essere solidale e pacifica.

Quest’anno ricorre anche il 70mo anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti Umani, che si lega con un filo rosso al nostro 25 aprile. Eleanor Roosevelt, primo presidente della Commissione per i Diritti Umani, che iniziò a scrivere la Dichiarazione, in un suo discorso alle Nazioni Unite nel 1958 disse: «Dopotutto, dove iniziano i diritti umani universali? Nei piccoli posti, vicino casa, così vicini e così piccoli da non poter essere visti in nessuna mappa del mondo. Eppure questi rappresentano il mondo di ogni singola persona; il quartiere in cui si vive, la scuola frequentata, la fabbrica, o ufficio dove si lavora. (…) A meno che questi diritti non abbiano significato in tali luoghi, hanno ben poco significato altrove.»

Pensando alla carica umana e civile del racconto a cui ho fatto cenno all’inizio, alle potenzialità straordinarie che l’Umanità sa esprimere e tradurre in splendide dichiarazioni (i principi fondamentali della nostra Costituzione o la Dichiarazione Universale dei diritti Umani appunto) oltre che in azioni, vorrei che tutti noi, sulla scorta di questi valori e della loro difesa, ci sentissimo come il partigiano Johnny di Fenoglio: “…..Johnny pensò che un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull’ultima collina guardando la città, e pensando lo stesso di lui e della sua notizia, la sera della sua morte. Ecco l’importante: che ne rimanesse sempre uno ……”

Buon 25 aprile a tutti. Viva l’Italia e viva la Resistenza.

I commenti sono chiusi.